L’Aikido è un’arte marziale relativamente moderna (nel 1942 assume infatti formalmente questo nome staccandosi dall’Aikijutsu ) e la sua storia coincide in massima parte con la vita e la ricerca del suo fondatore Morihei Ueshiba.
O Sensei (grande maestro) Ueshiba fu un uomo profondo e inquieto che elevò la sua ricerca di marzialità in cammino morale e spirituale, alla continua ricerca delle radici della tradizione del Budo giapponese e probabilmente del significato profondo della sua vita.
Il risultato dei suoi sforzi ha originato un’arte marziale che affonda i suoi principi etici nel codice dei samurai mondato da finalità violente grazie alla coscienza di un’Armonia Universale che lega ogni cosa.
Morihei Ueshiba nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe, una cittadina del distretto di Kumano. Il padre Yoroku Ueshiba, di lontane origini samurai, era un piccolo proprietario terriero ed un membro del Consiglio Cittadino. Egli amava molto quell’unico figlio maschio, così gracile di salute e di temperamento nervoso e incostante; per tutta la sua vita lo appoggiò nelle sue avventure.
Proprio per migliorare le sue condizioni di salute, il padre incitò Morihei a praticare il Sumo e il nuoto. La madre Yuki era una donna colta e pia che indirizzò il giovane figlio allo studio della religione Shinto.
Terminati gli studi all’accademia dell’Abaco, Morihei trovò lavoro presso l’ufficio locale delle tasse. Si interessò ai problemi sindacali dei pescatori locali partecipando all’attività di protesta per la riforma delle leggi sulla pesca. Le dure repressioni che seguirono spinsero il padre a mandare Morihei a Tokio dove quest’ultimo, assieme ad un parente, fondò la “Compagnia Ueshiba”, un piccolo commercio di articoli di cancelleria.
Siamo nel 1902 e Morihei intraprese lo studio di Jujutsu della scuola Tenshin Shin’yo e il Kenjutsu della scuola Shinkage.
A distanza di un anno Morihei si ammalò nuovamente, lasciò il commercio e tornò a Tanabe dove si sposò con Hatsu Itogawa, una lontana parente per la quale conservò sempre un profondo affetto; la moglie approvò sempre le scelte, anche se a volte azzardate, di Morihei. Nel 1903 Morihei decise di rinforzare il suo corpo con un duro lavoro fisico ricercando la “forza pura”.
Iniziò il primo studio continuativo in una scuola di arti marziali tradizionale, la Goto-ha-yagyu Ryu dove praticò Jujutsu e l’uso delle armi: Katana (spada), Yari (lancia diritta),Jo (bastone).
Nel 1908 Morihei ottenne da questa scuola l’abilitazione all’insegnamento.
Nella tradizione della scuola Yagyu l’attenzione viene posta all’atteggiamento mentale del praticante che doveva essere imperturbabile e riflettere il Fudo Shin (spirito inamovibile).
Nello stesso anno Morihei si arruolò nell’esercito dove eccelse in tutti gli esercizi ed in particolare nell’uso della baionetta. Nel 1904, durante la guerra russo – giapponese, Morihei fu assegnato ad un reggimento in partenza per la Manciuria dove si distinse per la sua attitudine al combattimento.
Ottenne il grado di sergente ma reclinò l’offerta dei superiori di essere iscritto alla scuola di addestramento ufficiali per intraprendere la carriera nell’esercito. Era infatti rimasto molto turbato dallo sprezzante impiego di vite umane durante i combattimenti in guerra quindi ritornò a casa nelle vesti di civile; conseguì il diploma Yagyu Ryu e praticò lo Judo Kodokan.
Nel 1910 partì con la famiglia per la colonizzazione dei Hokkaido, l’isola più settentrionale del Giappone, dove fondò, col gruppo con il quale era partito, una piccola comunità nella provincia di Shirataki; qui lavorò duramente come agricoltore e allevatore al fine di trasformare in successo quell’impresa.
L’evento più importante del soggiorno di Morihei ad Hokkaido fu il suo incontro, nel 1915, con Sokaku Takeda, un gran maestro di Jujutsu della scuola Daito. Sokaku discendeva da una famiglia di samurai che lo iniziò sin da piccolo alle tecniche marziali. Condusse una vita itinerante per gran parte della sua gioventù alla maniera dei Ronin, i samurai senza signore, studiando presso vari maestri e sfidando in combattimenti mortali chiunque incontrasse per la sua strada. Fu certo uno degli ultimi grandi guerrieri del Giappone antico, ma il suo carattere sanguinario non aveva la tensione spirituale del suo futuro allievo.
Nel periodo in cui Morihei incontrò Sokaku, quest’ultimo, per guadagnarsi da vivere, insegnava il suo sistema di lotta, chiamato Daito Ryu che consisteva in una combinazione di Jujutsu tradizionale e tecniche pratiche di combattimento da lui imparate con l’esperienza.
Impressionato dalla tecnica del futuro Maestro, Morihei lo invitò a casa sua e nei due anni che seguirono conseguì il diploma presso la sua scuola.
Nel 1919, la notizia dell’aggravarsi della malattia del padre, costrinse Morihei e la sua famiglia a partire da Hokkaido per tornare a Tanabe dove potè solo assistere alla morte del padre. Nel frattempo la sua passione per il Daito Ryu stava scemando forse per la brutalità del maestro (in seguito sembra che Morihei abbia sempre rifiutato gli incontri con Sakaku).
Nei mesi che seguirono, Morihei, molto scosso per la dolorosa perdita del padre, condusse una vita di preghiera, di ritiro e di intensi allenamenti marziali. Nel 1920, dopo un fortuito incontro con il leader della setta scintoista dell’Omoto – Kyo, Onisaburo Deguchi, Morihei decise di aderire alla nuova religione trasferendosi vicino alla sede ad Ayabe.
Onisaburo fu un maestro spirituale controverso e brillante, malvisto dal Governo a causa della sua popolarità, ebbe un grande talento artistico e un grande carisma che ispirava le folle.Sotto al sua guida, Morihei studiò la filosofia esoterica dell’Omoto – Kyo e le tecniche meditative usate da Onisaburo.
Morihei Ueshiba fu trascinato dal suo Maestro in avventure folli delle quali la più pericolosa fu una spedizione in Mongolia per predicare la nuova fede che si concluse con una vergognosa disfatta. Morihei si interessò anche agli insegnamenti di Bonji Kawatsura da cui attinse alcune pratiche di purificazione usate nell’Aikido (ad esempio il Tori Fune Undo).
L’addestramento marziale e spirituale di quegli anni permise a Morihei di avvicinarsi sempre più all’essenza del Budo che, nel 1925, culminò in un’esperienza mistica.
Morihei fornì varie versioni di questa esperienza delle quali il filo comune fu un episodio di combattimento con un ufficiale di marina armato di spada che egli affrontò a mani nude. Lo sfidante, offeso dal gesto di Morihei si lanciò ripetutamente su di lui. Il Maestro Ueshiba reagì evitando ogni suo attacco in quanto, spiegò poi, una premonizione gli permetteva sempre di intuire la linea d’attacco e il modo di difendersi.
Dopo l’incontro, Morihei riferì di essersi sentito avvolto da una nebbia dorata, la sua presunzione e le sue illusioni svanirono, egli comprese di essere uno con l’Universo e che la “Via” del guerriero è manifestare l’amore Universale e la suprema Armonia.
Negli anni successivi la stupefacente abilità di Morihei venne riconosciuta in tutto il Giappone. Grazie anche al lavoro del figlio Kisshomaru, l’Aikido si espanse sempre più attirando l’attenzione perfino di studenti occidentali.
La seconda guerra mondiale impose un freno all’attività: O Sensei, addolorato per il massacro causato dalla guerra e per il comportamento disonorevole del suo paese, si ritirò a Iwama, un villaggio di campagna dove costruì un Tempio “Aiki” e un Dojo all’aperto. Dopo la sconfitta del Giappone, Ueshiba consolò i suoi discepoli dicendo:
“Invece di fare da stolti la guerra d’ora in poi faremo la pace: il vero scopo dell’Aikido. Ci addestreremo a prevenire la guerra, ad abolire le armi nucleari, a proteggere l’ambiente e a servire la società”.
Al termine della guerra, durante l’occupazione americana, l’Aikido fu la prima Arte Marziale alla quale fu permesso l’insegnamento in virtù della sua etica di Armonia.
Mentre cominciava la lenta diffusione dell’Aikido anche fuori del Giappone ad opera dei migliori allievi, Morihei continuò a perfezionare il suo stile e ad addestrare i suoi allievi al significato profondo della sua arte.
Ormai ottantaseienne, il Maestro Ueshiba morì il mattino del 26 aprile 1969 dopo una breve malattia.
Le sue ultime parole furono:
“ L’Aikido è per il mondo intero”